Un perdono così bello

 

114809102-8b8614b4-392e-4853-9663-18d24486cea0Oggi Papa Francesco è ritornato sul tema a lui più caro, la misericordia di Dio e ha affermato durante l’udienza pubblica del mercoledì che: “Alcuni dicono che il peccato è un’offesa a Dio, ma anche un’opportunità di umiliazione per accorgersi che c’è un’altra cosa più bella: la misericordia di Dio”.

Viene in mente questa poesia del pastore anglicano R.Thomas:

 

Butterfly movement

Un movimento di farfalla

come se un arcobaleno

avesse messo le ali, cadendo

con la delicatezza della luce

sul nostro orizzonte, a rammentare

la promessa di Dio di mettere

da parte l’ira. E quale,

in questo momento di sguardo stupito

nel sole del meriggio,

quale, ci chiediamo, fu la natura

del nostro peccato da meritare

un perdono così bello?

 

L’epopea dei due Papi

2 PapiContinuo a ripensarci, ma questo momento storico della storia della Chiesa cattolica mi sembra particolarmente “epico”. Mi riferisco a questi due mesi di febbraio e marzo 2013 che hanno segnato e segneranno per secoli l’avventura umana del popolo dei cristiani.

L’11 febbraio Benedetto XVI dà l’annuncio di ritirarsi in preghiera, in clausura, per lasciare lo spazio ad un Papa più “vigoroso”, capace quindi di affrontare le sfide che provengono da un modo sempre più “soggetto a rapidi mutamenti”.  Tre giorni dopo, parlando ai parroci di Roma, precisa che “Anche se mi ritiro adesso in preghiera, sono sempre vicino a tutti voi e sono sicuro che voi lo sarete, anche se per il mondo rimango nascosto». Il suo è quindi un nascondersi ma non un abbandonare il campo di battaglia, come spiega ulteriormente all’ultima delle sue udienze, il 27 febbraio:

In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi. [..] Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro.

Il giorno dopo, affacciandosi dal balcone del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha salutato il mondo, pronto a fare l’ultimo tratto della strada che gli rimane da fare, come “un semplice pellegrino”. E, anche se erano da poco passate le sei del pomeriggio, si è congedato dicendo “Buonanotte”. Un riposo meritato, dopo quasi otto anni di dura lotta per questo dolce, mite, piccolo gigante.

linchino-di-papa-francescoPochi giorni dopo, il 13 marzo, da un altro saluto: “Fratelli e sorelle, buonasera!”. E’ il nuovo Papa, anzi vescovo di Roma, un gesuita argentino che sceglie di chiamarsi Francesco che la prima cosa che fa è pregare insieme al suo popolo, per il vescovo emerito, Benedetto: un Pater, Ave e Gloria, come si faceva una volta. E poi, l’alto e corpulento Pontefice sudamericano, si inchina, attendendo la benedizione che sempre il suo popolo deve, silenziosamente, chiedere al Signore. La sera stessa telefona a Benedetto, poi gli fa gli auguri il 19 marzo, per la festa di san Giuseppe, e poi il 23 lo va a trovare, in elicottero, a Castel Gandolfo. Gli regala un’immagine di Maria, dicendo: “Questa immagine si chiama Madonna dell’Umiltà, ed io ho pensato a Lei“. In effetti è l’umiltà il “testimone” che i due atleti si sono passati in questa vorticosa staffetta che ha disorientato e fatto impazzire i mass-media e disorientato e fatto innamorare il miliardo e più di cattolici (e non solo) di tutto il mondo.

yodaGià le parole dei due Papi che ho qui brevemente citato mi avevano suggerito qualcosa, poi le scarne immagini che sono state pubblicate di questo storico incontro dei due Papi mi hanno fatto pensare ad uno dei miei film preferiti, la saga di Guerre Stellari. Il “rimanere nascosto al mondo” di Ratzinger mi ha subito rammentato il personaggio di Yoda, auto-esiliato nel lontano pianeta Degobar e devo dire che anche fisicamente Benedetto XVI ricorda un po’ il vecchio ometto maestro dei cavalieri Jedi. E se guardiamo bene il volto pacifico e intelligente di Papa Francesco, non assomiglia forse a quello di Alec Guinness, immortale Obi-Wan-Kenobi?

obi wan

Proprio come un più giovane cavaliere Jedi, come Luke Skywalker, Francesco ha sentito il bisogno di raggiungere il vecchio maestro, fonte di forza e saggezza. E chissà se ancora questo non dovrà capitare di nuovo (e speriamo di no, sarebbe un brutto segnale, di grande crisi.. ma la storia della Chiesa è – deve essere – sempre in crisi, giusto?)… così si può immaginare, in una prospettiva più tranquilla, un altro invito-incontro di Papa Francesco a Papa Benedetto magari per le meditazioni per la Via Crucis, o per gli esercizi spirituali della Curia per la Quaresima… ma forse è già facile prevedere che una volta entrato nell’ombra del convento di clausura sul colle dei giardini vaticani (il suo pianeta Degobar), Benedetto non ne uscirà più e, forse, quelle brevi immagini di sabato 23 da Castel Gandolfo sono le ultime che il mondo verrà. Lo stile rigoroso e la serietà di Joseph Ratzinger, così poco “mondano”, sono altre due lezioni che scaturiscono dal suo ultimo, fecondissimo, periodo di pontificato.

E’ il fascino della Chiesa cattolica, che vive nel mondo ma non è del mondo, che vive in un altro orizzonte, simile a quello del pianeta Tattoine dove vive il protagonista della saga (cioè ogni uomo, una creatura chiamata a “solcare i cieli”) e ci sono due soli e non uno solo. “Chi crede non è mai solo”, come amava ricordare lo schivo vescovo emerito di Roma, il Papa umile, Joseph-Benedetto.   tatooine

 

 

 

Un uomo

img_606X341_1203-vatican-conclave-sistineOggi i cardinali sono chiamati a scegliere il nuovo successore di Pietro. Si dovrebbero ricordare allora come andò la prima volta, quando il pescatore di Cafarnao fu scelto da Gesù, ecco come lo racconta G.K.Chesterton:

“Quando, in un momen­to simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codar­do: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edi­ficato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno pre­valso su di essa.

Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fon­dati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole.”

 

Lontano, nel cuore

Benedetto XVI in visita alla Certosa di Serra San Bruno

Il Papa in visita alla Certosa di Serra S.Bruno

E così è molto probabile che prima della fine di questa settimana avremo non uno ma due Papi. Benedetto XVI non ha “lasciato” ma “raddoppiato”. La sua più che una rinuncia è stata un rilancio, un passaggio del testimone per lo slancio finale. La “corsa” della Chiesa si fa ardua, strenua.

Certamente questo gesto, storico, del Papa, è talmente grande che risulta indigesto, ingombrante, urticante, soprattutto all’interno del mondo cattolico. Perchè invece chi sta fuori della Chiesa è rimasto colpito, sorpreso ma per lo più positivamente dall’umiltà e dalla libertà dimostrate dal pontefice tedesco. E’ un gesto che de-sacralizza e umanizza il potere, da questo punto di vista in perfetta coerenza con il messaggio del Vangelo di Gesù, il grande “secolarizzatore” della religione.

Quello che a me colpisce è pensare al futuro di questo Papa, uno dei due Papi che dai prossimi giorni guiderà la Chiesa cattolica. Un futuro già chiaro e semplice da descrivere, lo ha fatto lo stesso pontefice nella sua ultima udienza, il 27 febbraio scorso: “Il “sempre” è anche un “per sempre” – non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio”.

E’ tutto chiaro quindi, Benedetto XVI rimarrà “nel recinto di san Pietro”, e lo farà proprio dal punto di vista fisico: entro un paio di mesi si andrà a chiudere in perfetta clausura in una cella all’interno del piccolo monastero costruito su una collinetta dei giardini vaticani, a pochi metri dall’abitazione del suo “collega” a correre con le proprie più giovani gambe, mentre lui, come Mosè sul monte, pregherà tenendo alzate le braccia partecipando così, e in modo decisivo, alla battaglia.

Nessun ritorno al “privato”, a quella dimensione della “privacy” così amata dall’uomo riservato e dal curioso intellettuale che è Joseph Ratzinger. Non è questo una forma di martirio? Un martirio bianco, senza effusione di sangue, ma vissuto nella dura tempra e forgia dei giorni, mesi, anni, a cui l’85enne successore di Pietro dovrà sottomettersi, proprio vicino al luogo dove il suo predecessore chiese di essere crocifisso, per umiltà, a testa in giù.

315px-Caravaggio_-_Martirio_di_San_PietroAnche Benedetto XVI ha operato questo ribaltamento, questo rovesciamento che si può cogliere nella sua portata solo alla luce di una fede paradossale come il cristianesimo. Ha lasciato il potere, con suprema libertà e quasi disinvoltura, pur rendendosi conto della “gravità” del suo gesto, che è andato contro una tradizione di 20 secoli. Ha ribaltato le categorie del potere e l’immaginario del potente, dell’uomo “per tutte le stagioni”, ha ricordato agli uomini storditi del terzo millennio che invece le stagioni della vita dell’uomo esistono e che ognuna ha la sua bellezza, come canta il Qoelet e come ha ricordato lo stesso Papa il 13 novembre 2012 visitando una casa di anziani tenuta dalla Comunità di S.Egidio: “…è bello essere anziani! In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore e le ricchezze che essa contiene. Non bisogna mai farsi imprigionare dalla tristezza! Abbiamo ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla nostra età, nonostante qualche “acciacco” e qualche limitazione. Nel nostro volto ci sia sempre la gioia di sentirci amati da Dio, e non la tristezza. Nella Bibbia, la longevità è considerata una benedizione di Dio; oggi questa benedizione si è diffusa e deve essere vista come un dono da apprezzare e valorizzare. Eppure spesso la società, dominata dalla logica dell’efficienza e del profitto, non lo accoglie come tale; anzi, spesso lo respinge, considerando gli anziani come non produttivi, inutili. […] La sapienza di vita di cui siamo portatori è una grande ricchezza. La qualità di una società, vorrei dire di una civiltà, si giudica anche da come gli anziani sono trattati e dal posto loro riservato nel vivere comune. Chi fa spazio agli anziani fa spazio alla vita! Chi accoglie gli anziani accoglie la vita! […] Quando la vita diventa fragile, negli anni della vecchiaia, non perde mai il suo valore e la sua dignità: ognuno di noi, in qualunque tappa dell’esistenza, è voluto, amato da Dio, ognuno è importante e necessario (cfr.Omelia per l’inizio del Ministero petrino, 24 aprile 2005).”

archimedeQuesto Papa rivoluzionario e paradossale, che ha il gusto per la l’essenzialità e la verità (in fondo ha semplicemente detto la verità: “a 85 sono vecchio, è tempo per uno più giovane”), è andato lontano ma non per fuggire le responsabilità, ma per assumerle fino in fondo. La sua figura rimane alla guida della Chiesa, una guida orante, contemplativa e non attiva. Sono sfumature che forse si possono cogliere solo nella prospettiva della fede. Il Papa dunque si allontana, con la sua riservatezza fine e delicata e lascia lo spazio della prima linea (che però non è quella che conta di più) al suo successore, a cui ha già giurato “incondizionata reverenza e obbedienza”. Il suo andare lontano non vuol dire prendere le distanze ma accorciarle. Il suo “rimanere nascosto al mondo” (esistono parole più epiche e avventurose di queste?) è un modo per continuare a guidare la Chiesa, aiutare la Chiesa, aiutarla a stare nel mondo, ad accompagnarlo, a muoverlo, animandolo con la forza dell’amore di Cristo. Perchè una cosa è essere lontano, un’altra è essere distante. Chi è “di-stante” è colui che “non sta”, “non ci sta”. Si può invece stare lontani ma rimanere nel cuore. A volte bisogna allontanarsi dal mondo per penetrare nel cuore del mondo. Ed è da quel cuore (anche geografico, dal cuore del più piccolo stato del mondo) che Benedetto XVI, rimanendo vicino al cuore del suo amato Gesù, il vero Signore e padrone della Chiesa, continuerà a servire la sua missione, ricordandosi e ricordandoci che come diceva Kierkegaard: “Il punto di Archimede fuori del mondo è una cella di orazione dove un orante prega con tutta la sincerità del cuore: costui muoverà la terra”.

terra e leva

 

Chiesa

Non abbiamo bisogno di una religione che sia nel giusto quando anche noi siamo nel giusto. Quello che ci occorre è una religione che sia nel giusto quando noi abbiamo torto. Attualmente i problema non è se la religione ci consenta di essere liberi, bensì se la libertà ci consenta di essere religiosi (G.K.Chesterton)