
E qui calo l’asso del latino e cito i “Novissimi”. I ragazzi ignorano di cosa stia parlando, mi tocca spiegare che con questa espressione si fa riferimento alle ultime cose, quelle che verranno, come quando si dice all’edicola, “è uscito il nuovo numero di Tex?”, dove “nuovo” sta appunto per ultimo, il più recente, quello che sta per uscire. E i novissimi, “quelle cose che stanno per uscire” sono, per la teologia, essenzialmente quattro: morte, giudizio, inferno e paradiso. Comincio quindi dall’inizio, dalla morte, ma qui vedo che sorgono già i primi problemi. La dicotomia tra rifiuto e fascino è netta, nel senso che i primi due, morte e giudizio, vengono rifiutati, mentre inferno e paradiso ancora esercitano un grande interesse sui giovani (da qui forse l’imperituro fascino della Divina Commedia di Dante). Se parlo della morte avverto il disagio strisciante tra i banchi, alcuni sono stati già feriti, chi di striscio, chi molto da vicino, da questa esperienza che accomuna tutti gli uomini; forse anche Giulia, la più brava della classe, che esclama: «Ma professore, perché, lei viene a parlarci della morte, a turbare così il mio equilibrio, la mia serenità?», con un tono tra il candido e l’infastidito. Disarmante. Ma anche inquietante: questi ragazzi posseggono un equilibrio, beati loro, e non vogliono turbamenti. Papa Francesco sarà pure “in”, ma non quella sana inquietudine di cui parla ripetutamente. Dovrò riprovare per un altro “valico”, la sfida si fa più ardua del previsto.
Grazie per l’occasione di meditare sulle ultime cose che ci accomunano in una unica verità e speranza!