Parole perdute: Paradiso

ibernan001p1Il paradiso è noioso? Solo se vincono i moralisti (da Avvenire del 19.3.2014)
 Se è vero che «l’inferno è non amare più», come scrive Bernanos nel suo Diario di un curato di campagna, si può allora comprendere meglio che cosa sia il paradiso, quella condizione di chi è immerso nell’amore, un Amore senza fine. Ma il paradiso non è così facile da spiegare, forse dei Novissimi è l’ostacolo più duro, quello che sembra più al di fuori dell’esperienza degli adolescenti. 
Possiamo anche ripetere, noi adulti, “beata gioventù!”, ma della beatitudine eterna questi giovani sembrano non sapere nulla. Forse è l’aggettivo “eterna” che disorienta, respinge; i ragazzi non riescono a comprendere qualcosa che non finisce spezzando le categorie spazio-temporali. Penso alla fragilità delle relazioni, la nota costante del mondo contemporaneo, di questa confusa e “liquida” società post-moderna: come fare a spiegare quell’abbraccio d’amore più forte della morte e del tempo? Tutto sembra essere “a tempo”, con una scadenza ed è ingenuo pensare che qualcosa possa durare per sempre.
Da questa chiusura, figlia della paura, scatta il rifiuto: «A professo’, che noia però un paradiso eterno! – esclama Federico –. Ma che fanno ‘sti santi tutto quel tempo? Contemplano Dio, oh mamma!». È un argomento classico dei giovani che, forse perché imbeccati dai docenti, di Dante preferiscono l’Inferno al Paradiso. Qualcuno ricorda la battuta di Mark Twain: «Il paradiso lo preferisco per il clima, l’inferno per la compagnia», qualcun altro sorride, io ne approfitto per ribaltarla e spiegare meglio di cosa stiamo parlando.
«Questa battuta ci può aiutare ragazzi, seguitemi». Fanno silenzio, meglio approfittarne subito. «Del clima non saprei dirvi, ma la compagnia è il punto fondamentale e allora sappiatelo: il paradiso è il “luogo” della compagnia, mentre l’inferno è il contrario della compagnia, nessuna comunione, nessuna comunità, nessuna amicizia». Mi rendo conto che quello che non capiscono è che l’inferno più che una “punizione” è solo la conseguenza delle proprie scelte, tutte quelle piccole scelte infinitesimali che alla fine portano un essere umano a chiudersi o ad aprirsi ad un amore più grande.
Non è un caso se il nome che compare ogni volta che si parla di inferno è quello di Hitler. È paradossale, ma questo è un nome che rassicura i ragazzi, se si parla di inferno: Hitler deve essere tra i dannati, così tutto è più chiaro. Mi rendo conto che questi adolescenti hanno del cristianesimo un’immagine talmente impoverita da essere distorta, per cui quello che gli è rimasto appiccato addosso è l’opposto di ciò che è l’essenza della fede in Cristo, cioè il moralismo: urge una lezione ad hoc su questo punto.

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