Religione=relazione

Ictus-demenza-senile-stretta-braccioDei cinquecento studenti che scelgono di seguire le mie lezioni presso il liceo romano dove insegno religione, alla fine di ogni anno ne perdo almeno un quinto: sono circa cento i ragazzi che tra giugno e luglio affrontano l’esame di maturità e poi, di fatto, spariscono all’orizzonte. L’esame di maturità, che da qualche anno si chiama più mestamente “esame di Stato”, è bandito per i professori di religione che non possono far parte della commissione.
Questo vuol dire che, a parte il piacevole rito delle cene di classe, non ci sono altre possibilità di rivedere ragazzi che per cinque anni hai accompagnato nell’accidentato percorso del liceo. Rito piacevole quanto rischioso, almeno per la linea, visto che un professore di religione lavora su diciotto classi e ovviamente non può accettare l’invito di tutte, per cui bisogna sapersi districare dalla situazione evitando di urtare la sensibilità e le gelosie degli studenti. Per questo motivo ho adottato il criterio di accettare l’invito soltanto delle ultime classi, quelle che ho seguito da più tempo e che finalmente posso salutare.
Una volta quell’occasione era proprio l’ultima perché poi i ragazzi diventavano “adulti” e tuffandosi nel mare periglioso dell’università o del lavoro non si vedevano più, ma ora ci sono Internet e i social network e le cose sono un po’ cambiate: in particolare uno strumento come Facebook è formidabile nella “manutenzione” delle relazioni e sembra fatto apposta per situazioni come quelle di fine percorso scolastico.
Qualche anno fa ho creato un gruppo su Facebook in cui continuo a dialogare e confrontarmi con studenti ed ex-studenti, e ormai siamo in più di mille tra i primi e i secondi, un risultato che senza l’ambiguo social network non sarebbe stato possibile, perché quando finisce la scuola, come un vero abisso si apre il “vacuum” delle vacanze che risucchia tutti, soprattutto quelli che a scuola non dovranno tornare più.
Ed ecco che proprio ora, all’ultimo minuto, anzi, fuori tempo massimo, tocco con mano la verità di quello che insegno nella prima lezione di scuola agli studenti di quarto ginnasio: che religione vuol dire relazione, che esiste qualcosa che riesce a res-ligare, a tenere insieme le cose, a connetterle. Le connessioni della Rete, del Web ci segnalano e ci riportano al bisogno essenziale dell’uomo: quello di essere non ab-solutus (sciolto da), ma di essere-in-relazione, vivendo sostenuto dallo sguardo affettuoso degli altri. Quando quella “rete” così importante che è la scuola si sfilaccia, è proprio allora che ci si rende conto della preziosità dell’esistenza e della resistenza di una rete di relazioni, perché la scuola non è solo “istruzione” ma anche “costruzione”, qualcosa che si può fare solo insieme.
(questo articolo è apparso su Avvenire il 2 luglio 2014)

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