Puntare in alto

Il Profeta Geremia - MichelangeloPerché il ragazzo del 2014 ripete, per ogni occasione, che lui “non ce la può fare”? Chiedo ragione di questa fragilità e la risposta si trova nella paura; è dalla paura delle delusioni che nasce questo “dis-impegno”, questo non crederci troppo in tutto quello che si vive, un volersi quindi porre obiettivi molto bassi, volare più raso terra possibile.
Simona, diciott’anni, avendo davanti a sé il “mostro” dell’esame di maturità, me lo aveva spiegato nel modo più concreto e pragmatico, possibile: «Non ci si deve montare troppo la testa, altrimenti la delusione sarà troppo cocente, è un fatto di umiltà, se l’aspettativa è troppo alta, l’impatto, quando crolli, è devastante».
Questo porsi obiettivi minimi è una “saggezza” che gli adolescenti sembrano applicare in tutti i campi: dagli impegni scolastici alle sfide sportive, dalle relazioni familiari a quelle amicali a quelle sentimentali… meglio non esporsi troppo, il mondo è un luogo fin troppo ustionante.
Mi viene in mente l’intuizione di Michelangelo per cui l’errore dell’uomo non è quello di fissarsi obiettivi troppo alti e rammaricarsi per non averli raggiunti, ma porsi traguardi troppo bassi e vivere la tristezza che scaturisce proprio dal raggiungerli.
Quando l’uomo punta a un livello più basso della sua statura, è fin troppo facile raggiungerlo e questo porta inevitabilmente a un’amara malinconia: c’è sempre una disperazione latente nella sazietà come aveva intuito il cardinale Biffi parlando della società bolognese.
Qualche studente annuisce, Michelangelo ha fatto centro, altri continuano a sostenere che credersi o crederci troppo è sempre un rischio eccessivo e a niente giova citare l’antico detto dei greci: kalòs kìndinos, il rischio è bello. Sono prudenti questi ragazzi, ma è solo uno schermo protettivo che erigono automaticamente all’inizio, desiderosi di superarlo, sempre se accompagnati.
Qualche segno c’è, si apre qualche crepa nel muro ma è difficile inoculare fiducia a questi cuori feriti, però, anche in extremis, qualche reazione positiva emerge (mancano pochi minuti al termine della lezione, la campanella suona sempre sul più bello, proprio quando la discussione sta decollando) e Giorgia cita addirittura Johnny Deep: «Gli uomini non desiderano le cose che possono ottenere troppo facilmente».
Splendida provocazione, chiedo se sia davvero del divo di Hollywood, «non so, l’ho letta su Facebook»; mi riprometto di tornarci su questo tema, immenso, del desiderio e mi alzo, il collega dell’ora successivo sta entrando, ma Gregorio sulla soglia mi tira per la giacca e mi fa (è il rockettaro della classe): «Ma lo avevano già detto gli U2: I’m still haven’t found what I’m looking for, non è vero prof?». «Certo, ma tu cosa cerchi?».

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