Scialla, ma che vuol dire?

409450“Che ansia, professore!” mi dice Ginevra. Per ogni cosa sbotta in questa esclamazione, a volte sospirando, a volte più rabbiosa: tutto sembra provocarle niente di meno che l’ansia. Aveva ragione Auden che già nel 1948 cantava la nostra epoca come L’età dell’ansia: è la parola più ripetuta dai miei studenti, forse più dell’espressione “non ce la posso fare”, peraltro strettamente collegata a quell’ansia prodotta da ogni sfida, anche minima, che gli adolescenti si trovano di fronte. Può essere il compito di latino, il saggio di danza, l’approssimarsi rapido della fine della vacanze, il dover chiedere ai genitori di poter far tardi.. tutto è causa di un malessere che li schiaccia in un limbo di paura e disorientamento.

Per fortuna questa è solo una faccia della medaglia, c’è dell’altro e per saperne di più è d’aiuto una parola così comune da essere diventata il titolo di un fortunato film sugli adolescenti del terzo millennio: scialla. Ma che vuol dire? Sull’etimologia di questa strana parolina ho sentito di tutto: dal verbo “rilassarsi” o, nella sua versione più aulica, “rilasciarsi”; per altri invece il verbo è “scialare, scialarsi”, da cui il sostantivo “scialo” cioè divertirsi pienamente; altri ancora puntano in alto e si rifanno alla religione, quella ebraica, Shalòm, pace, o quella musulmana, Inshallah, nota espressione dell’Islam che indica proprio l’atteggiamento di sottomissione fiduciosa del credente ad Allah e alla sua volontà, traducibile con “se Dio vuole”, usata per dire appunto che ogni avvenimento, presente o anche futuro, è nelle mani di Dio nella cui volontà si deve confidare.

Alla luce di cotanta etimologia, si può anche ricostruire che “scialla” è un invito a “stare tranquillo”, a rilassarsi, ad avere fiducia dando un giudizio positivo a quanto sta per accadere. L’ora di religione che sta per iniziare è scialla, quella di matematica è fonte di un’ansia che “non ce la posso fare”.

E qui però mi ribello. Non per “gelosia” rispetto alle materie più temute, ma perchè se c’è un’ora in cui gli alunni non possono stare tranquilli è proprio quella di religione. Sono due, infatti, i livelli di tranquillità che si vivono a scuola: c’è quella “minima”, per cui alcune lezioni sono più ansiogene di altre (il compito di greco fa più paura dell’interrogazione di religione), ma c’è quella più “profonda”, perchè ci sono lezioni che vanno a toccare la sfera più intima degli studenti, rimettendo tutto in discussione, rimescolando le carte della propria esistenza e andando a incidere direttamente sulla vita di ogni ragazzo che vuole seriamente ricercane un senso magari prestando orecchio anche alle parole del docente; e qui la Cenerentola-religione si riprende la sua rivincita su tutte le altre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *