Dio è pronto a scommettere sull’uomo; forse gli uomini non credono in Dio, ma Dio crede sempre negli uomini. È il messaggio che scaturisce dal prologo del libro di Giobbe, quel testo che la scorsa lezione aveva messo in crisi la fede di Lavinia. «Questo è un libro che serve alla fede come il fuoco al fabbro per temprare la forza del ferro», spiego e vedo che mi seguono visto il silenzio che si sente in classe (il silenzio si “sente” molto più del rumore).
Ne approfitto: «Dio crede in Giobbe, è pronto a scommettere su di lui, sa che riuscirà a tirare fuori delle risorse che nemmeno lui sa di avere, Dio quindi ci crede negli uomini, nella loro bontà (li ha creati Lui!), e voi ci credete?». «No, professore, come si fa? Gli uomini sono cattivi, c’è tanta cattiveria nel mondo…», Letizia parla con amara sicurezza, e in tanti le danno ragione: «Il mondo è uno schifo, come si fa a negarlo?».
Non posso a questo punto non citare la prima pagina della Bibbia, quasi il “manifesto” di tutta l’opera: «Dio crea tutto “E Dio vide che era cosa buona”, insomma com’è questo mondo, questa vita? Questa materia che da Dio proviene e a Dio sembra piacere, com’è?». Sono sorpresi, non se l’aspettano che la Bibbia, la Chiesa, abbia un messaggio positivo nei confronti del mondo, della materia, una novità che non fa quadrare i conti, anche perché il lamento rimane sempre lo sport più praticato di tutti, nella sua facilità. «È facile credere in Dio, in fondo, no?», cerco di provocare l’uditorio: «Dio nessuno lo ha mai visto, ci ricorda il Vangelo secondo Giovanni, e invece questo mondo lo vediamo tutti, ogni giorno, e ci viene anche raccontato molto negativamente, per cui ci crediamo? Gli diamo fiducia, nonostante tutto?».
Chiara, 16 anni capelli biondo platino, è rimasta colpita dalla figura di Giobbe. Ne ho spiegato per sommi capi la vicenda e mi ha seguito con un’attenzione che non è quella delle altre volte, glielo leggo negli occhi. «Mi scusi, professore, ma se ci fosse una persona che si comporta bene per tutta la vita, va in chiesa, è onesta eccetera eccetera… e poi la vita gli riserva una batosta ma di quelle sonore, un po’ come a Giobbe, se questa persona perdesse la fede, lei la condannerebbe?».
La fisso e penso si riferisca a una storia che la riguarda molto da vicino; mi colpisce la sua richiesta di sospensione del giudizio, in fondo di misericordia. Ancora una volta Dio è visto come giudice e quindi rifiutato. Provo a risponderle: «Io? Beh, per fortuna (mia e di tutti) il compito di giudicare non spetta a me o agli uomini, ma a Dio, il quale nemmeno lui “condanna”, ma accoglie tutti quelli che a lui si rivolgono, incalzandoli e incoraggiandoli. Ricorda che Dio fa il tifo per noi, ci ha scommesso sopra, e non solo sulla pelle di Giobbe, ma su quella del Figlio».
(il presente articolo è uscito il 19 novembre 2014 su Avvenire)
Ne approfitto: «Dio crede in Giobbe, è pronto a scommettere su di lui, sa che riuscirà a tirare fuori delle risorse che nemmeno lui sa di avere, Dio quindi ci crede negli uomini, nella loro bontà (li ha creati Lui!), e voi ci credete?». «No, professore, come si fa? Gli uomini sono cattivi, c’è tanta cattiveria nel mondo…», Letizia parla con amara sicurezza, e in tanti le danno ragione: «Il mondo è uno schifo, come si fa a negarlo?».
Non posso a questo punto non citare la prima pagina della Bibbia, quasi il “manifesto” di tutta l’opera: «Dio crea tutto “E Dio vide che era cosa buona”, insomma com’è questo mondo, questa vita? Questa materia che da Dio proviene e a Dio sembra piacere, com’è?». Sono sorpresi, non se l’aspettano che la Bibbia, la Chiesa, abbia un messaggio positivo nei confronti del mondo, della materia, una novità che non fa quadrare i conti, anche perché il lamento rimane sempre lo sport più praticato di tutti, nella sua facilità. «È facile credere in Dio, in fondo, no?», cerco di provocare l’uditorio: «Dio nessuno lo ha mai visto, ci ricorda il Vangelo secondo Giovanni, e invece questo mondo lo vediamo tutti, ogni giorno, e ci viene anche raccontato molto negativamente, per cui ci crediamo? Gli diamo fiducia, nonostante tutto?».
Chiara, 16 anni capelli biondo platino, è rimasta colpita dalla figura di Giobbe. Ne ho spiegato per sommi capi la vicenda e mi ha seguito con un’attenzione che non è quella delle altre volte, glielo leggo negli occhi. «Mi scusi, professore, ma se ci fosse una persona che si comporta bene per tutta la vita, va in chiesa, è onesta eccetera eccetera… e poi la vita gli riserva una batosta ma di quelle sonore, un po’ come a Giobbe, se questa persona perdesse la fede, lei la condannerebbe?».
La fisso e penso si riferisca a una storia che la riguarda molto da vicino; mi colpisce la sua richiesta di sospensione del giudizio, in fondo di misericordia. Ancora una volta Dio è visto come giudice e quindi rifiutato. Provo a risponderle: «Io? Beh, per fortuna (mia e di tutti) il compito di giudicare non spetta a me o agli uomini, ma a Dio, il quale nemmeno lui “condanna”, ma accoglie tutti quelli che a lui si rivolgono, incalzandoli e incoraggiandoli. Ricorda che Dio fa il tifo per noi, ci ha scommesso sopra, e non solo sulla pelle di Giobbe, ma su quella del Figlio».
(il presente articolo è uscito il 19 novembre 2014 su Avvenire)