Piccolo identikit papale

Udienza generale di Papa FrancescoIl Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite. Il Signore sostiene i poveri. Risanaci, Signore, Dio della vita.”. Il salmo 146 di domenica scorsa, 8 febbraio, sembra tracciare l’identikit dell’attuale Sommo Pontefice: Jorge Mario Bergoglio è un Papa che vuole risanare, fasciare le ferite, capo di una chiesa che è l’ospedale di un campo di battaglia. Il canto al Vangelo precisa ulteriormente il cuore del carisma di Papa Francesco: “Cristo ha preso le nostre infermità e si è caricato delle nostre malattie” e le altre letture completano il profilo fino a offrire un quadro completo del mosaico-Bergoglio. San Paolo scrivendo ai Corinzi spiega che per lui annunciare il Vangelo non è un vanto, ma “una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!”, un compito da assolvere gratuitamente perchè l’unica ricompensa è “Quella di annunciare gratuitamente il Vangelo senza usare il diritto conferitomi dal Vangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. La gratuità (e quindi la necessaria libertà) è la prima virtù del cristiano secondo Papa Francesco che sprona i fedeli a farsi prossimi di tutti, parlando il linguaggio dell’altro, in-caricandosi dell’altro.

E’ la via segnata da Gesù che nel primo capitolo del Vangelo di Marco, il più drammatico, con meno discorsi e ricco di azione (forse per questo il più “bergogliano” tra i quattro), si ferma a guarire la suocera del futuro primo Papa, “prendendola per mano”, e poi mentre tutti lo cercano si ritira in preghiera in un luogo deserto (e qui il profilo sembra molto aderente anche alla figura di Benedetto XVI), ma ancora più significativa è la risposta ai discepoli che vorrebbero trattenerlo in quella zona dove si è sparsa la sua popolarità: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Come Gesù questo Papa vuole andare “altrove”, sente di essere stato chiamato per andare a predicare a tutti, anche agli interlocutori più sorprendenti, persone che magari i suoi più vicini collaboratori non immaginano “degni” e non vorrebbero rientrassero nella cerchia dei destinatari di quell’incontro con la parola di Dio che però è rivolta ad ogni uomo. Ecco la libertà e la “dinamicità” di Papa Francesco che non intende mai sedersi sugli allori, tanto più se sono il segno della sua celebrità, ma al contrario sposta sempre più in là, appunto “altrove”, il suo obiettivo, trovando ogni volta un nuovo ostacolo da superare con il suo cuore. Sembra animato dalla stessa fretta di Gesù questo Papa venuto dalla fine del mondo, che conosce, come il suo predecessore, il segreto e la forza dell’umiltà, quella virtù che spinge Gesù a non occupare la scena, a non “riscuotere” successo ed applausi, ma piuttosto continuare ad incedere per scuotere, smuovere le coscienze di chi è disponibile a mettersi in gioco prendendo sul serio la proposta del Vangelo, anche se vive in Galilea, cioè alla “periferia” della terra d’Israele. In questa fretta c’è tutto Francesco che di continuo ricorda al cristiano il compito di “avviare processi e non occupare spazi”, per dirla con un altro passo del Vangelo, questa volta di Luca e non di Marco: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!”.

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