Paul Ricoeur osservava come il male non sia spiegabile, sia anzi l’assenza di spiegazione, e aggiungeva: il male non si può spiegare ma si può raccontare. La prospettiva può essere rovesciata e cambiata di segno: è il bene che non è spiegabile, ma è occasione e oggetto di narrazione. Da questa prospettiva parte il padre gesuita Jean-Pierre Sonnet, poeta e docente di esegesi dell’Antico Testamento presso l’Università Gregoriana, che ha fatto sua la suggestione del teologo protestante Karl Barth per cui “Chi è e che cos’è Gesù Cristo può essere solo raccontato e non colto e definito come sistema”. Con l’indagine che da anni conduce sui testi biblici, padre Sonnet vuole controbilanciare lo strano oblio in cui è caduta la teologia: “Il paradosso è che la teologia stessa ha dato prova di amnesia nei confronti della potenza letteraria – e soprattutto narrativa – della Bibbia.”
Per dar corpo alla sua riflessione senza lasciarla scivolare in una teoria astratta, l’autore incrocia il testo biblico con alcuni libri o film all’interno delle quali si muove con acume e sicurezza, come ad esempio i romanzi del premio Pulitzer Marilynne Robinson e L’albero della vita di Terrence Malick, opere a cui la lettura di Sonnet restituisce nuova luce e profondità.
Il punto di partenza è che ogni essere umano è Homo Narrans; è questo il titolo del primo capitolo che affronta il fondamento antropologico del volume, il fatto che “noi viviamo delle storie che raccontiamo, siamo il nostro stesso racconto, ed è eminentemente così nel caso della Bibbia, che è un santuario del pensiero narrativo”. Storia di storie, il cuore dell’indagine di Sonnet ruota intorno alla domanda del bambino al padre da cui scaturisce il racconto della Pasqua, dell’Esodo: “Quando tuo figlio ti chiederà ‘Che significa ciò?’, tu gli risponderai: ‘Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto…’”; una domanda generativa, anche se procedente dal basso, al contrario: “Paradossalmente è a partire dalla domanda del figlio che sorge la parola paterna. […] Il figlio chiede al padre di dire la cosa più vera, più essenziale della sua stessa esperienza, e lo mette così in condizione di essere padre”.
Racconto e paternità (e anche maternità: il quarto capitolo sul “racconto del grembo” segna il punto di maggiore intensità del saggio), tra le due dimensioni antropologiche, esiste un’alleanza che la Bibbia esprime in molti modi e occasioni, di cui l’Esodo è solo la più vistosa: “Dal passaggio del mare al passaggio della morte, il racconto biblico si rivela essere il primo alleato della paternità umana. Permette di manifestare al bambino che la vita (a caro prezzo) trasmessa è anch’essa presa in un mistero di vita più grande, che passa per la morte”. L’uomo, “tessuto” da Dio nel seno materno secondo il salmo 139, è anche protagonista del testo cioè del “tessuto” delle storie: “Se siamo stati ‘tessuti’ da Dio nel seno materno, siamo anche ‘tessuti’ dalle storie – e soprattutto dalle storie su Dio – che ci raccontano le nostre madri. Le donne tessono la Bibbia quanto Penelope nell’Odissea”. Riscoprire il tessuto di cui siamo fatti è necessario, conclude Sonnet, soprattutto in un tempo come quello attuale, in cui questo tessuto sembra spezzato e “la successione delle generazioni non è più vissuta intorno al passaggio di un testimone, di un sapere, di un saper fare o di una saggezza. Ogni generazione sembra invece desiderosa di – o obbligata a – partire da se stessa. Il grande perdente in questa faccenda è la figura del padre, spossessato del testimone (da passare)”. Riscoprire la potenza generativa dei racconti è allora un passaggio obbligato per ridare futuro e speranza ad un mondo, quello occidentale contemporaneo, che sembra proprio in crisi di generatività.
Generare è narrare, di Jean-Pierre Sonnet
Vita e Pensiero, Milano, 2014, pp.165, euro 16,00
Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato
non lo terremo nascosto ai nostri figli
raccontando alla generazione futura
le azioni potenti e gloriose del Signore
e le meraviglie che egli ha compiuto
Salmo 78 (77)
Per caso, alcuni mesi fa, ho trovato su uno scaffale di una libreria il libro di P.Sonnet.
Come papà di due bambini mi sono sentito interrogato. Molte sono le cose su cui, come padre, dovrei riflettere e migliorare. Questo “generare è narrare” ha colpito però profondamente, forse perché tocca qualcosa che è nel profondo di noi.
Ho cominciato il libro e ammetto che non l’ho ancora finito. E’ in stand-by da un po’ di tempo.
Però la sera ho incominciato a raccontare a Filippo e Giacomo (4 e 2 anni), a lume di candela in camera, le storie della Bibbia. Non so quanto e come nelle loro testoline percepiscano ed elaborino il racconto. Sicuramente il grande è colpito visto che è lui che scegli il racconto (arca di Noè, Giona, tempesta sedata, figliol prodigo o….uno nuovo). Ancor più è sicuro che abbiamo ritagliato un momento nostro, alla sera, con il racconto sottovoce, alla luce di candela. Non so quanto loro capiscano l’essere figli, di sicuro ogni sera apprezzo il dono della paternità!