“Se non hai dato tutto, non hai dato ancor..” (V.Capossela)
“Ho visto un posto che mi piace, si chiama mondo” (C.Cremonini)
La mia filosofia di vita, strana espressione, è riconducibile ad un testo che ho scoperto da pochi anni, che è poi una filastrocca di Gilbert Keith Chesterton che suona così:
Ecco, si chiude un altro giorno
nel quale ho avuto
occhi, orecchie, mani
e il gran mondo attorno a me;
e domani ne inizia un altro.
Perché me ne sono concessi due?
Si può dire quindi una filosofia della grandezza e della gratitudine. La logica interna a questa filosofia non è quella del merito, ma del dono. C’è un sovrappiù, un eccesso di dono ricevuto, nella vita, che la rende avventurosa, lieta, drammatica, affascinante, avvincente e commovente. Questa “eccessività” della vita, chiede e richiede una eccessività anche da parte dei viventi; reclama una partecipazione, una corrispondenza, una risposta per quanto sempre inadeguata.
Anche quest’anno, 2015, che volge al termine, e questo 2016 che si apre (perchè me ne sono stati concessi così tanti di anni, a marzo ben cinquanta?) sono all’insegna di questo “di più”, che ricevo e che sono chiamato a dare, perchè ha ragione Capossela, se non hai dato tutto non hai dato ancor.. è come la vecchia vedova del Vangelo che dà solo due spiccioli nella cassetta delle offerte per il tempio, ma Gesù la loda perchè, al contrario degli altri che hanno dato tanto, lei ha dato tutto. L’amore non chiede tanto, chiede tutto. E’ questo il “di più” che dà senso alla nostra vita, solo dando di più, solo superandolo si raggiunge l’obiettivo, la meta. Si diceva, mi pare nel ’68, “siate realisti, chiedete l’impossibile” ed era vero: l’eccesso è l’unica misura umana.
Questo 2015 si è dunque aperto e si chiude all’insegna del “di più”.
Il 1^ settembre, il vero capodanno per un professore, entrando a scuola mi accoglie la preside sulla soglia e mi dice subito, senza ammettere alcuna replica: “Quest’anno le do il sabato libero ma lei mi deve fare l’orientamento”. Il Giandomenico Fracchia che vive dentro di me mi ha impedito di dire, semplicemente, la verità (quella cosa che, secondo Gesù, rende liberi), e cioè che: a) quest’anno io non avevo chiesto il sabato libero; b) quest’anno, ma anche quelli precedenti, io non ho mai saputo minimamente di cosa si tratti quando si parla di orientamento; c) quest’anno la mia agenda è talmente piena di impegni che non c’entra più nemmeno uno spillo. E invece non ho avuto, come sempre, la prontezza di dire lo splendido “preferei di no” di Bartleby, a Melville ho preferito Manzoni e con il “sì”, sventurato, ho risposto.
In quello stesso mese in effetti la mia agenda dell’anno era davvero impazzita, anche perchè avevo ricevuto due “ok” da parte di TV2000 che, dopo anni di attesa, aveva accolto le mie proposte per cui già da fine settembre sono partiti ben due programmi settimanali: Buongiorno professore!, in televisione (il primo docu-reality sull’ora di religione mai fatto in tv) e Hungry Hearts: cuori affamati tra rock e spiritualità sulle frequenze di RadioInBlu. Per anni avevo proposto un po’ a tutti queste idee e ora venivano accolte e avviate tutte e due nello stesso momento! Di tutto, di più.
Ma alla fine ho accettato anche quest’altra sfida dell’orientamento, anche perchè mi è sembrata di importanza “vitale” per i nostri studenti e se la scuola non si intreccia virtuosamente con la vita quale senso avrebbe? Non è che andiamo a scuola, noi professori, giusto per ultimare il programma, mi sono chiesto, e ho detto sì, complicando definitivamente il mio ruolino di marcia quotidiano.
Ancora non mi sono abituato a questo ritmo, e a volte mi viene quasi una crisi di pianto, ma ho capito che la logica del “di più” è l’unica che regala felicità, grandi soddisfazioni insieme ad una bella stanchezza ormai cronicizzata. Come il personaggio di Eta Beta di Walt Disney ormai potrei dormire anche su un pomello del letto: appena mi fermo mi si chiudono gli occhi e ricomincia il sonno.. lo sa bene il collega Mario che insegna religione come me al liceo Albertelli, con il quale a volte facciamo lezione insieme, unendo le classi in aula magna: un giorno mentre era lui a parlare io mi sono addormentato, davanti a tutti… e pensare che la lezione di Mario è, secondo me, di gran lunga la migliore che si possa ascoltare tra le pareti di quel liceo. Sta di fatto che io vivo in recupero, perchè dare il “di più” vuol dire anche dormire un po’ di meno.
E’ stato un altro collega dello stesso liceo a farmi capire che la logica del “di più” è l’unica plausibile per un professore e ancora di più per un professore di religione cattolica. I ragazzi questo ci chiedono: non tanto, ma tutto, non meno di tutto. Non di “dire cose”, ma di essere totalmente spesi per loro. Ad un certo punto in collegio docenti e sulla relativa mailing list si parlava dell’introdurre l’ora alternativa alla lezione di religione ed io ero uno dei convinti assertori della necessità di questo insegnamento alternativo quando, tra le pieghe del dibattito interno al “corpo docenti” (bella espressione), il collega di lettere Massimo, mi dice che non posso poi tanto scocciare gli animi di tutti, perchè devo solo accontentarmi della graziosa concessione che lo stato italiano, laico e non confessionale, mi fa, consentendo che io possa fare la mia lezione, perchè questo fatto che ci sia la religione cattolica a scuola “è un di più”, da qui il mio comportamento che doveva essere sobrio, minimale e soprattutto grato. Questo era ed è perfettamente in linea con la mia filosofia di vita sopraesposta. Un “di più”: ecco cos’è il mio insegnamento, l’ho capito ora, grazie alle parole del collega Massimo, che infatti ho ringraziato per avermi illuminato. In effetti la religione cattolica è un “di più”, qualcosa di “gratuito” che viene e interviene nel mondo e getta un po’ di scompiglio, semina il panico all’interno di una società (anche quella scolastica) permeata dalla logica dell’efficientismo, del “prodotto” e di un’arida meritocrazia “contabile”, non certo del dono. Per questo è essenziale che ci sia la religione a scuola, perchè niente è più essenziale del superfluo, come ci ricorda Oscar Wilde, e se non si punta a più del massimo non si ottiene neanche il minimo. E’ come nei rapporti umani, come nell’amore, ugualmente nell’educazione. Bisogna morire per vivere felici, dare la vita è il segno dell’amore, solo dando la vita si genera vita.
Ad illuminarmi definitivamente su questo punto è stata, qualche giorno fa, la visione del bel film Il ponte delle spie, ultimo lavoro di Steven Spielberg. Il protagonista del film, ispirato ad una storia vera, è un avvocato di origine irlandese, James Donovan (Tom Hanks), coinvolto in una vicenda di spionaggio nella Berlino nel 1960 mentre si edifica il muro. Donovan è un tipo strano, che chiede sempre di più, a se stesso e agli altri: chiederà di andare in appello nonostante abbia già vinto il primo grado di giudizio e quando potrà chiedere il rilascio di un pilota statunitense imprigionato dai sovietici, chiederà anche la liberazione di un altro americano ostaggio dell’URSS; corre grandi rischi ma alla fine otterrà molto di più di quello che si poteva immaginare. Dopo questo successo, leggiamo nelle notizie scritte alla fine del film, fu mandato a Cuba a trattare la liberazione di 1000 cittadini USA e riuscì a liberarne 9000. Una storia (e un film) all’insegna del “di più”.
Allora, chiudendo questa pagina di diario, mi chiedo: sono pronto per questo “di più” che la vita quotidianamente mi chiede di vivere? O mi accontento di vivere al minimo sindacale senza scomodarmi o scomodare gli altri più di tanto? Ovviamente la risposta è che non sono mai pronto, ed è questa la cosa bella della vita, che è sempre una sorpresa imprevedibile. E questo forse va anche oltre la mia persona, forse pronto non è nessuno, soprattutto di fronte al dono eccessivo di un Dio-bambino che nasce per noi in una grotta, perchè come ricorda in modo sublime Wislawa Szymborska: “Alla nascita di un bambino il mondo non è mai pronto”.
buonasera
grazie professore per quello che fai. sarai molto impegnato, infatti gli ultimi vostri interventi sono datati. La seguo ogni tanto su TV2000 e dico sempre “ce ne fossero professori come questo”. Personalmente non sono acculturato, non ho un laurea e nemmeno un diploma di maturità.
tutto quello che so e che sono sono frutto di vita vissuta e di lavoro svolto con abnegazione e passione. Cercherò di seguirla di più, sono in pensione, cercando di carpirle un po di saggezza.
saluti
vm