Renzi o Bersani? Scenari possibili

Domani il popolo del PD voterà e vincerà Renzi o Bersani. Ma cosa cambia se vince l’uno o l’altro? Proviamo a mettere a fuoco la situazione, sbrogliando una matassa molto complicata; fare previsioni è sempre cosa ardita, nella politica, regno dell’umano, tutto può accadere quando meno te l’aspetti e forse in Italia, terra molto “umana”, ancora di più. Però proviamoci. So che mi farò molto “nemici” scrivendo quello che sto per scrivere, ma proviamoci lo stesso.

Dunque, partiamo dall’ipotesi più probabile: cosa cambia se domani vincerà Bersani? Secondo me: niente.

Bersani è già il segretario del PD e, direi “naturalmente”, sarà una volta confermato anche il candidato del centro-sinistra alla presidenza del consiglio dei ministri. La coalizione con la quale si candida a governare l’Italia è quella già vista che comprende le ali estreme, Vendola e Di Pietro, e, forse, se necessario, l’allargamento al centro di Casini e co. Non so se questo patto con Casini sarà realizzato prima o dopo le elezioni ma poco cambia e la domanda resta: riuscirà questa coalizione a guadagnare la fiducia degli italiani, del parlamento e infine a governare in modo coeso? Sinceramente temo di no. Niente di più probabile che Bersani vinca domani, vinca anche all’elezioni di aprile (risultando il PD il partito di maggioranza relativa) ma poi al governo continuerà ad essere un tecnico come Monti o qualcuno di simile. Insomma, niente di nuovo sul fronte occidentale. Semmai va dato atto a Bersani di aver dato vita a queste primarie, che all’inizio non mi piacevano, ma forse hanno messo in moto un meccanismo di passione nuova per la politica (ma forse il merito qui è più di Renzi che di Bersani).

Cosa cambia se invece domani vince Renzi? Secondo me: potenzialmente tutto.

Renzi è un corpo estraneo dentro il PD. E’ un cristiano per giunta democristiano che con scaltrezza e spregiudicatezza (e tenacia molto toscana) è riuscito ad arrivare a contendere al ballotaggio la leadership del PD all’attuale segretario. Ma non è amato dal PD. Lo ha colto con acutezza Oscar Giannino quando ha parlato di recente dello scompiglio che porterebbe la vittoria di Renzi riuscendo finalmente ad “emancipare” la sinistra dall’egida culturale di Repubblica. Non è un caso che Scalfari (ma anche Flores D’Arcais e co.) si siano espressi con forza contro il sindaco di Firenze, considerato “un piccolo Berlusconi di sinistra”. Primo risultato facilmente prevedibile della sua vittoria sarebbe quindi la spaccatura del PD e della sinistra, pro o contro Renzi. Il 98% degli attuali parlamentari del PD sono per Bersani, se ne deduce che il favore che ha portato Renzi al ballottaggio è “dal basso” e che dopodomani, se dovesse vincere lui, il partito sarebbe spaccato tra una maggioranza della nomenklatura con Bersani e una maggioranza reale nel popolo del PD con Renzi, insomma un vero cataclisma, con un re vittorioso ma senza esercito, meglio, senza generali. Che farebbe dunque Renzi? Secondo me continuerebbe a fare quello che sta facendo da mesi: correre da solo, cercando consensi tra la gente. Più volte ha detto che lui, al contrario di Bersani, è in grado di correre da solo, in quanto è capace di prendere voti dappertutto, anche al centro e al di fuori dei bacini tradizionali della sinistra. E secondo me ha ragione. Bersani non porterà nuovi voti al centro-sinistra. Renzi leader vincente delle primarie cambierebbe la geografia dei partiti italiani, prendendo voti a 360 gradi, “rubandoli” a Grillo e a Casini, a Vendola e ad Alfano.   Come ho già detto mi sembra importante sottolineare che queste primarie hanno attirato l’attenzione sulla politica e sono apparse qualcosa di nuovo; non a caso a destra Alfano e co. sono disperati perchè non riescono a farle a causa degli umori del padre-padrone del centro-destra. Se tutto questo è vero allora l’ipotesi della vittoria di Renzi è un segnale di allarme non solo per il PD ma anche per Casini, Berlusconi e per Monti stesso. Se Renzi vince domani, può innescare un meccanismo progressivo, un “vento” che può portarlo a sconquassare lo scenario, spaccando il PD e andandosi a prendere i voti del centro candidandosi così a governare il paese, da solo, senza il bisogno di altri partners. Sarebbe il ritorno della politica che chiuderebbe la supplenza dei tecnici. Sarebbe la fine della Seconda Repubblica basata sull’alternanza tra una destra populista e una socialdemocrazia annacquata (in termini più raffinati dal punto di vista politologico, questo mio punto di vista lo ha espresso Giovanni Cominelli nell’articolo qui raccolto: http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2012/12/1/BALLOTTAGGIO-PRIMARIE-2012-Renzi-l-unico-antidoto-al-vecchio-Pci/343260/ ).

Colpisce, ma non troppo, in questo momento lo schieramento di molti cattolici non con Renzi ma con Bersani. Si tratta per lo più dei cattolici democratici: Rosy Bindi, Dario Franceschini ed Enrico Letta. Anche Romano Prodi ha espresso maggiori simpatie per Bersani. E questo mi fa pensare che, tanto per cambiare, aveva ragione mio zio, Riccardo Misasi, quando, oltre 15 anni fa, aveva riflettuto sull’occasione persa da Prodi. Nel ’96 il professore di Bologna vince l’elezioni e, senza rendersene conto, si trova in una situazione eccezionale, simile a quella di De Gasperi nel ’48: potrebbe spaccare il centro-sinistra e fare appello a tutti i moderati e i liberali italiani e ri-sistemare lo scenario politico italiano, con un bipolarismo simile a quello DC-PCI che dal ’48 aveva retto fino a due anni prima nonostante la mancata alternanza al potere. Ma a Prodi, come osservava zio Riccardo, questa ipotesi “non gli passava nemmeno nell’anticamera del cervello”. E la storia ha continuato come conosciamo, stagnando in questo bipolarismo imperniato sul berlusconismo e l’anti-berlusconismo, un bipolarismo fasullo in cui i cattolici democratici alla Prodi sono rimasti impantanati, e ancora continuano favorendo Bersani. Ma Renzi non è un cattolico democratico, è un democristiano, di quelli ambiziosi, scaltri e tosti e lui, trovandosi nella situazione di Prodi del ’96, sicuramente farebbe diversamente. Forse per questo tutti lo temono e lo osteggiano, da Scalfari a Prodi, dalla Bindi a Monti, da Casini a Bersani, da Alfano a Di Pietro, da Vendola a Monti. Forse un buon motivo per sperare che ce la faccia. La palude italiana potrebbe ricevere una scossa benefica, anche nei modi arruffoni e arrivisti del giovane sindaco di Firenze (ovviamente a me, a pelle, Bersani risulta umanamente più simpatico, ma questo forse non basta).

 

5 commenti a “Renzi o Bersani? Scenari possibili

  1. Sono d’accordissimo su tutto! Su vede proprio la paura che hanno i dirigenti del PD, subito pronti a liquidare come “la solita questione del rinnovamento” quella che invece secondo me è tutta una visione della politica complessa e finalmente moderna che ha Renzi, e non è una questione formale, ma sostanziale. Modernità non solo dal punto di vista tecnico e degli strumenti, ma anche ad esempio riguardo le idee, le soluzioni da intraprendere, lo sguardo più americano, una politica che non preclude nulla (non era una sparata la questione dei 10 ministri, è un modo per aprire ad una politica anche innovativa, forse una delle cose più importanti, là dove ormai è abbastanza difficile distinguere tra Stato e burocrazia).

  2. C’è sempre paura rispetto al cambiamento, una sorta di resistenza.. questo è il conservatorismo. Nel suo bel saggio storico (Storia di un libero comune, Rubbettino), mio zio Riccardo, che come avrai capito è un mio fondamentale punto di riferimento, afferma che “il cristiano non può essere un conservatore”. Grazie Lorenzo, a presto!

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