Sono contrario, lo dico a chiare lettere perchè come cattolico so che non bisogna essere “contro” ma “pro”, però proprio non ce la faccio: sono contrario a quello che sta per accadere, che cioè da lunedì pomeriggio per circa 48 ore saremo invasi da dirette televisive infinite tese a commentare i dati sull’affluenza, poi gli exit-pool, poi le prime proiezioni, inevitabilmente provvisorie… basta! Pro-pongo quindi, in modo categorico: si potranno seguire le prime proiezioni sul TeleVideo ma i commenti, vi prego, facciamoli solo dopo che sia stata scrutinata l’ultima scheda! Prepariamoci invece, come dicevano gli immortali Jalisse, a “fiumi di parole”… discussioni torrenziali sul nulla, tutte improntate al periodo ipotetico (per lo più dell’irrealtà), sono spettacoli deprimenti, che sortiscono l’effetto opposto, il boomerang contro la politica e la giusta passione per la cosa pubblica. Questo secondo me è il segnale della crisi del nostro paese: la fine del senso della misura.
E’ lo stesso segnale che scaturisce dal troppo calcio in televisione: quanto ce n’è? tutti i giorni su tutti i canali, e si tratta per lo più di calcio discusso non di calcio giocato. Risultato: crisi del calcio, a tutti i livelli. E’ lo stesso segnale che scaturisce dalla settimana interamente dedicata al Festival di SanRemo, una settimana intera: ma non vi pare che si stia esagerando? Ecco qua il punto: l’esagerazione.
Da questo punto di vista il campione della s-misuratezza è senz’altro Berlusconi, il quale non a caso uscirà comunque vincitore (anche perdendo) da questa campagna elettorale, che è l’unica cosa che sa fare, la campagna elettorale, lì dove l’esagerazione è la cosa essenziale. Ma la politica è un’altra cosa, è recuperare la misura, moderare gli istinti, mediare tra i vari interessi, ricercare con mite pazienza il punto di sintesi alta tra le varie istanze del paese. Ma questo “sbraco”, questa assenza del senso del limite ha invaso come una pandemia un po’ tutti nel nostro paese, colpa anche del ’68 e di quel “vietato vietare” che è la logica che è ancora sopravvissuta dopo 45 anni dal periodo della contestazione, una logica ben incarnata appunto da Berlusconi, vero leader di una certa sinistra de-responsabilazzante che combatte solo ed esclusivamente per i diritti.
Prendiamo Grillo, il Berlusconi nostri giorni. Prima, tanti anni fa, faceva il comico e faceva anche ridere. Ora l’arte comica è il contrario dello “sbraco”, è tutta basata sul senso della misura e del limite. Se un comico dice una battuta fuori tempo (anche di un secondo) o col tono lievemente esagerato ecco che non fa più ridere. E Grillo che ormai esagera e grida soltanto, non fa più ridere. Ha sbracato, si è messo in testa di poter far tutto, non solo il comico ma anche il capopopolo.
C’è uno sfilacciamento, un’ingordigia, un senso stanco e immaturo di onnipotenza, che porta tutti a fare tutto, a oltrepassare ogni limite, a sentirsi “dio” della propria vita. L’unico che va controcorrente, che si muove contro questa marea, questa pandemia che ha contagiato il paese in tutti gli spazi e i luoghi pubblici e privati, è, come al solito, il cattolico. E penso ad una persona in particolare, al Papa. Benedetto XVI non ha sbracato. Ha conservato il senso del limite, si è ricordato che non è Dio. Si è aggrappato all’umiltà, questa virtù impossibile. E Dio lo ha aiutato donandogliela (l’umiltà). Quanto è controtendenza il suo gesto dell’11 febbraio che verrà confermato il 28? Lui è rimasto al suo posto, per il quale ha speso tutto le sue energie, poi si è guardato, acutamente e onestamente, e ha detto la verità: sono vecchio (parola scomparsa dal linguaggio comune, sbracato anch’esso), non posso più essere il Santo Padre, ma posso fare il Santo Nonno, posso ritirarmi per “rimanere nascosto al mondo” ma così facendo essere ancora più presente, con la forza della preghiera, l’unica che mi è rimasta. Ora quindi faccio spazio a uno più vigoroso di me, ad un nuovo Santo Padre. E ha lasciato la poltrona. Quanta laicità, leggerezza, finezza, libertà in questo gesto. Forse la più grande lezione di questo Papa-professore. Se solo fosse ascoltato e imitato, un po’ di più e meno dileggiato.. ma questo dileggio è ancora una volta il segno di quello “sbraco” che affligge ormai da anni il nostro paese.
Contro questo sbraco ci salvano le parole del grande romanziere scozzese R.L.Stevenson, scritte per un suo sermone di Natale, la festa dell’umiltà:
“Esigiamo compiti più elevati perché non siamo capaci di riconoscere l’elevatezza di quelli che già ci sono assegnati. Cercare di essere gentili e onesti sembra un affare troppo semplice e privo di risonanza per uomini del nostro stampo eroico; piuttosto ci getteremmo in qualcosa di audace, arduo e decisivo: preferiremmo scoprire uno scisma o reprimere un’eresia, tagliarci una mano o mortificare un desiderio. Ma il compito davanti a noi, cioè quello di sopportare la nostra esistenza, richiede una finezza microscopica, e l’eroismo necessario è quello della pazienza. Il nodo gordiano della vita non può essere risolto con un taglio: ogni intrico va sciolto sorridendo”
Bravo, limpido, puntuale come sempre
E che ciliegina il sermone di Stevenson…Complimenti!
Il sermone di Natale di Stevenson è un capolavoro, non perdetevelo!