La mia conversione consistette dapprima in una conversione di vocabolario. […] Dio: questa parola non suona più ai miei orecchi come un “tappabuchi”, ma come un “apri-abisso”. […] «Dio» non discende da un desiderio di soluzione finale: viene dal riconoscimento di un’assenza irrecuperabile. Non sorge tanto come risposta quanto come chiamata. Dà il nome all’evidenza di ciò che mi sfugge, all’esigenza di ciò che mi supera. (F.Hadjadj)