Marco Travaglio ha dedicato di recente un articolo di strali (altro non sa fare) tutti rivolti contro Giuliano Ferrara, colpevole non solo di non essere d’accordo con lui ma anche di averlo ribattezzato Marco Dettaglio. Tralascio il contenuto dell’articolo (trattasi di fango, come al salito) e mi soffermo su tre espressioni utilizzate, perchè spesso è proprio il dettaglio ad essere rivelatore.
Primo dettaglio: il giornalista s’interroga su Ferrara e su “che mestiere farebbe in un paese normale?”. Secondo dettaglio: il giornalista redige una rapida biografia di Ferrara e, con dileggio e disprezzo lo presenta, tra le altre cose, come “funzionario del Pci, consigliere comunale a Torino”, e poi un’altra lunga serie di “qualifiche” tutte presentate con disprezzo massimo, tutte tranne una: “manganellatore di lottatori continui (forse l’attività meno inutile della sua esistenza)”.
Terzo dettaglio: nel finale della sua invettiva, nella foga della vibrante oratoria, Travaglio conclude dicendo che “Ieri questo fenomeno da lunapark, a mezzadria fra mangiafuoco e la donna cannone, ha scritto che “Travaglio è nervoso”, “ha perso le staffe” e financo “le elezioni” (senza essermi mai candidato, diversamente da lui)”.
Parto dalla fine: non appare brillante, il Travaglio, per intelligenza. Il “perdere le elezioni” a cui si riferiva Ferrara, come è evidente a chiunque abbia un po’ di senno e di coscienza politica e democratica, riguardava il fatto che Travaglio aveva appoggiato politicamente negli anni prima Di Pietro e poi Ingroia, due personaggi usciti sonoramente sconfitti dallo scontro politico. Ma il punto è che Travaglio non ha coscienza politica e democratica, perchè della politica lui ha un sacro orrore, non a caso (terzo dettaglio) evidenzia come Ferrara si è candidato in passato alle elezioni mentre lui mai ha commesso questo gesto sacrilego, non a caso (primo dettaglio) elenca tra le colpe irredimibili di Ferrara l’essere stato funzionario del PCI, consigliere comunale e poi ministro (peggio che mai).
Viene in mente un altro esponente del “partito della purezza”, Beppe Grillo che ogni giorno tuona avvertendo che le sue truppe mai si “mescoleranno” con quella gentaglia che abita le istituzioni. Anche Travaglio, già a livello fisico, denota questo orrore-livore proprio dei catari, gli antichi fautori dell’eresia della purezza. Da buon cattolico è anche un eretico, dell’eresia catara in particolare (solo un cattolico può essere eretico) e come spesso capita è lui che vorrebbe mandare al rogo o al patibolo un po’ tutti.. i puri epurano (e verranno epurati). Dovrebbero rivedersi entrambi (Grillo e Travaglio) quel bel film di Wayda su Danton, dove al carnale tribuno del popolo (un Depardieu in stato di grazia) si contrapponeva un pallido, livido e lugubre Robespierre. Non ricordo il nome dell’attore che offriva la sua maschera impassibile e imperturbabile per interpretare il ruolo dell’Incorruttibile, ma questo è il punto: anche Travaglio non verrà ricordato, quest’epoca della storia italiana sarà infatti ricordata per il carnalissimo Berlusconi e non per lo spettrale e algido moralista che forse avendo percepito il suo destino di oblio, si accanisce per ribaltarlo. Non è un caso che ha già ribaltato il suo mestiere, passando dal giornalismo all’avanspettacolo (ma lo spazio era già occupato dal suddetto Berlusconi) e dalla cronaca alla commedia, cercando disperatamente di riciclarsi come comico, commettendo così il suo peccato più grave, perchè non c’è colpa più irredimibile di quella di un comico che non fa ridere. Nessuno si è accorto che il cronista ambisce in realtà a far ridere, nessuno tranne la magistratura che pur di difenderlo ha usato l’argomento della comicità: in una sentenza di assoluzione dall’ennesima causa di diffamazione il tribunale ha assolto Travaglio in quanto è un comico ed è compito del comico è descrivere in modo grottesco la realtà (che è quello che in realtà fa da anni, pur continuando a non far ridere). Un comico per decreto del giudice, qualcosa di davvero grottesco, e penoso. Perchè niente è più penoso del guitto, della spalla, che cerca di rubare la scena al capocomico, niente di più penoso e nulla di più controproducente: ogni volta che i due, Berlusconi e Travaglio appaiono insieme, è un trionfo per il primo (anche elettorale) e un tonfo annichilente per il secondo. Ma questa evidenza gli sembra sfuggire, forse non è dotato neanche di coscienza e senso dello spettacolo.
A conferma di tutto ciò un dettaglio ancora più inquietante: più che l’amicizia con Berlusconi sembra urtare di più la sensibilità di Travaglio il passato comunista di Ferrara. Si sa che Travaglio è di estrazione “destrorsa” e non sopporta i comunisti ed è qui che i dettagli evidenziati dovrebbero far emergere un paradosso tutto italiano: Travaglio è un personaggio molto amato a sinistra. Spero di sbagliarmi ma in effetti sembra proprio così, del resto incontro spesso persone, in particolare giovani, che si dichiarano di sinistra e che hanno una “venerazione” per il l’arcigno giornalista. Eppure Travaglio altro non è che un “normalizzatore” (primo dettaglio) e un “manganellatore” di sinistrorsi (secondo dettaglio): un comunista doc lo definirebbe un “fascista” ma io non lo sono e mi fermerei quindi a “reazionario”. Eppure è venerato a sinistra.
Piccoli dettagli rivelatori del dramma grottesco che vive da decenni un paese che ha perso la bussola e scambia la sinistra con la destra, la cronaca con l’avanspettacolo, la morale col moralismo.
MOSTROOOOOO! 🙂
Grande Andrea!