Parole Perdute/3: Avvento/Avventura

nativity2La più grande avventura non è sposarsi ma è nascere”. Mi faccio aiutare dal vecchio Chesterton per spiegare l’inesauribile novità del Natale, di quella nascita che ha spezzato in due la storia e riscattato il tempo. E mi appoggio a quella parola, splendida e temibile, avventura, per parlare con i miei studenti dell’Avvento. L’avvento di Cristo e la sua nascita sono lo starter della grande avventura dell’umanità, la vita per un cristiano è tutta un’avventura, ad-ventura, infinito futuro in latino, un qualcosa che sta per venire. Continua a leggere

Chesterton (per il buon uso di)

Da circa otto anni, grazie alla gentilezza del direttore de Il Foglio, scrivo di “cose vaticane” e dovendo osservare e commentare l’azione dei sommi pontefici ho fatto a volte riferimento a quel pozzo senza fondo di felicità (la citazione, libera, è di Borges) che è la vastissima opera dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton. Penso sia qualcosa di naturale, visto quanto Chesterton sia stato letto e amato dai Papi del ‘900 a partire da Pio XI che quando morì nel 1936 lo qualificò con il titolo di Defensor Fidei (riscattandolo dalla cattiva sorte del precedente: l’ultimo inglese a cui era stato attribuito era stato Enrico VIII).

In particolare con Benedetto XVI il compito è stato facile: mi sono sentito autorizzato a glossare il suo magistero e la sua predicazione anche per la confidenza che personalmente mi fece l’allora cardinale Ratzinger, eravamo nell’anno del Giubileo, sul gusto che ci trovava nel leggere i libri di Chesterton, il quale secondo lui aveva la capacità di affrontare i profondi temi della fede con leggerezza e humour. Continua a leggere

In ricerca

P61Tutto si cerca, ma non Dio, Dio è morto, si dice; non ce ne occupiamo più! Ma Dio non è morto; è perduto; perduto per tanti uomini del nostro tempo. Non varrebbe la pena di cercarlo?
Tutto si cerca: le cose nuove e le cose vecchie; le cose difficili e le cose inutili; le cose buone e quelle cattive, tutto. La ricerca, si può dire, definisce la vita moderna. Perché non cercare Dio? Non è Egli un «Valore», che merita la nostra ricerca? Non è forse una Realtà, che esige una conoscenza migliore di quella puramente nominale di uso corrente? migliore di quella superstiziosa e fantastica di certe forme religiose, che appunto dobbiamo o respingere perché false, o purificare perché imperfette? migliore di quella che pensa d’essere già abbastanza informata, e dimentica che Dio è ineffabile, che Dio è mistero? e che conoscere Dio è per noi ragione di vita, di vita eterna? Non è forse Dio un «problema», se piace chiamarlo così, che c’interessa da vicino? il nostro pensiero? la nostra coscienza? il nostro destino? E se fosse inevitabile, un giorno, un nostro personale incontro con Lui?
Ancora: e se Egli fosse nascosto, per un interessantissimo gioco a noi decisivo, proprio perché noi lo abbiamo a cercare? Anzi, sentite: se fosse Lui, Dio, Dio stesso, in cerca di noi? (Paolo VI)

Essere figli

prodigal-son BassanoAncora sul figliol prodigo. Non c’è niente da fare, questo testo del capitolo 15 di Luca è inesauribile, davvero divino. Sono anni che ci giro intorno, lo leggo e lo rileggo, e non ne esco fuori. Ed è sempre nuovo, come acqua zampillante da un pozzo senza fondo. Forse anche per questo voglio mettere nero su bianco quello che, ora, penso in merito alla più famosa tra le parabole di Gesù. Dunque:

 

  1. la parabola sembra dirci che noi siamo figli e Dio è padre, padre misericordioso. In fondo è questo il compito di Gesù: farci conoscere il Padre, e conoscendo il Suo mistero comprenderemo anche qualcosa del nostro mistero;

  2. tra noi e il Padre c’è un abisso, noi non riusciamo ad essere come lui è, a comportarci come lui si comporta, lui ha un modo di fare che per noi risulta scandaloso. Questo abisso, che noi apriamo non è colmato da noi, ma da lui che ci viene incontro (e questo è lo scandalo);

  3. se c’è una “morale” della parabola allora non è tanto quella che noi dobbiamo imparare ad essere come il Padre, cosa che appunto sembra molto difficile, ma che dobbiamo imparare ad essere quello che già siamo, figli, condizione delicata e difficile, che spesso noi rifiutiamo, “emancipandoci”, uscendo e fuggendo “dalla mano” di Dio. Continua a leggere

6 mesi in tre parole (e un sogno)

linchino-di-papa-francescoE così sei mesi sono passati, da quella sera umida di pioggerellina ma piena di calore del 13 marzo scorso, quando lo sconosciuto Jorge Mario Bergoglio si è presentato come Papa Francesco. Ancora una volta i cardinali avevano applicato la “mossa del gambero” e se il 19 aprile del 2005 avevano eletto uno dei tre elettori superstiti del Papa precedente, ora avevano ripreso il discorso da dove s’era interrotto sette anni prima facendo convergere il loro voto sul “primo dei non eletti” del precedente conclave. E il settantaseienne outsider si è fatto subito conoscere dal mondo intero che oggi è affascinato da questo Papa seriamente gioioso che sorprende quotidianamente coniugando il rigore del magistero più ortodosso con la fantasia più spigliata e sudamericana nei gesti e nelle improvvisazioni, tra il ricorrente monito a tutti di stare attenti a Satana e l’invito ai giovani pessimisti di recarsi dallo psichiatra. Continua a leggere